Author Topic: Miles e Wynton (1986)  (Read 8046 times)

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Offline eugeniovi

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #30 on: April 09, 2015, 11:52:31 AM »
Si: è vero. Si ha  la tendenza a ridurre tutto a domanda e risposta invece sono argomenti complessi che abbracciano molte tematiche. Mi sembra pero' che Tony abbia lanciato un bel sassetto nello stagno: ma perché innovare? Innovare pero' come dici tu è nell'ordine delle cose anche nell'arte, quasi un processo naturale che a seconda dei periodi storici puo conoscere improvvise accelerazioni come brusche frenate.  Mi sembra pero' che  col Jazz , additando sempre come esempio i 'veri' innovatori , non seguiamo il naturale percorso delle cose ma chiediamo un evolversi continuo, quasi si debba sempre stupire l'ascoltatore, la critica, il mercato...quasi che l'ascolto non sia un piacere ma una ricerca continua, di non si sa che cosa visto che attendiamo dagli altri la risposta alla nostra domanda di innovazione. Penso che invece che come espressione musicale , forse la piu' interessante del '900 si debba ascoltare in modo 'storico' al fine di apprezzarne l'evoluzione . Ciao a tutti

Offline Norman

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #31 on: April 09, 2015, 12:02:40 PM »
Io mi pongo una domanda: perché sentiamo il bisogno di innovare (il jazz)?
Se arriviamo ad un punto in cui quello che produciamo ci soddisfa, ci piace, ci diverte, perché dobbiamo fare dei tagli nella tela per sentirci degli innovatori?

Intendo, piena libertà a chi innova e sono pronto a salire sul carro di un nuovo Caravaggio non appena produrrà qualcosa di bello (per me), però fino ad allora non sento questo bisogno di novità.

Beh, la spinta a provarci è comunque sana, ed è naturale che ogni musicista abbia l'aspirazione a creare qualcosa di nuovo e di unico, ed in un certo senso, anche solo con l'interpretazione, è così. Ma da qui a parlare di un genere musicale veramente "vivo" e motore attivo dell'evoluzione della musica ce ne passa. Miles è stato uno dei più grandi creativi del '900, in assoluto, non poteva accontentarsi. Aveva capito che il jazz non avrebbe più potuto dargli gli spunti di cui aveva bisogno, ed è andato oltre. I grandi creativi degli ultimi 40 anni dove sono? Sono stati essenzialmente nel rock (qui la lista sarebbe lunghissima), nel funk (basti pensare all'importanza di un personaggio come George Clinton), nell'hip hop, nell'elettronica, nel pop...

Quanto a quello che dice Eugenio, bisogna sempre considerare il fatto che, purtroppo, il jazz non è mai veramente entrato a far parte integrante del bagaglio culturale italiano, rimane un qualcosa di "esotico". Il barocco, come la musica classica in generale, invece lo è, penso che la differenza stia tutta qui. E questo (ri)aprirebbe un discorso già fatto in passato su quanto il mondo del jazz italiano sia davvero poco capace di essere divulgativo, di come abbia un atteggiamento troppo spesso supponente, dando per scontato che il pubblico debba automaticamente comprendere una forma d'arte che invece ci è culturalmente estranea. Se è vero che il jazz ha perso la sua spinta propulsiva, è anche vero che continua a rappresentare un patrimonio musicale di valore incommensurabile, che meriterebbe di essere più conosciuto, ma se i jazzisti per primi non prendono coscienza della necessità di fare un lavoro del genere, allora si che il jazz, almeno in Italia, rischia di morire del tutto.
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Offline Cesco

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #32 on: April 09, 2015, 12:06:33 PM »
A mio modesto parere bisognerebbe chiarire prima cosa si intende per "jazz".

Se si limita al concetto di "Blues & Swing" (à la Marsalis), effettivamente non solo non esistono innovazioni (dal pre free in poi, perché nel free di swing non ce n'era affatto). Miles (che ripudiava quel termine, al pari di Duke e di molti altri), ad esempio, seguendo questa interpretazione, avrebbe cessato di suonare "jazz" intorno agli anni '70 (ed infatti Marsalis gli "rimprovera" questo).

Se il concetto è esteso alla black american music (#BAM) (à la Payton), estendendo il concetto a tutta la musica black (funky, soul , R&B e Hip pop compresi), l'evoluzione è attuale e contemporanea.

Se si intende per "jazz" musica improvvisata con un determinato linguaggio, anche in questo caso vi sono esempi limpidi di avanguardie "jazzistiche" (Steve Lehman, Dave Douglas, tra i tanti).

Quindi, di cosa stiamo parlando? :D

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #33 on: April 09, 2015, 12:07:27 PM »
Beh, come dici tu il discorso è molto più ampio e variegato.
Per fortuna i musicisti e gli ascoltatori hanno gusti diversi. Chi innova a caso
presto sarà dimenticato o avrà un seguito dei soliti parrucconi che nemmeno capiscono
il perchè del tutto, però fa figo e snob. E' anche vero che la musica evolve anche di pari passo con la tecnologia.
chi ci dice a noi che clifford non avrebbe sperimentato con le varie pedaliere se non fosse morto prematuramente? si evolve anche con le nuove tecniche trombettiste
e approcci fisici allo strumento diverso. forse se satchmo le avesse conosciute a 50 anni non avrebbe avuto il labbro cotto regalandoci
nuove perle. Insomma le mie sono ipotesi per assurdo però è troppo facile quando si parla di musica vedere solo davanti al proprio
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Offline Norman

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #34 on: April 09, 2015, 12:26:02 PM »
A mio modesto parere bisognerebbe chiarire prima cosa si intende per "jazz".

Se si limita al concetto di "Blues & Swing" (à la Marsalis), effettivamente non solo non esistono innovazioni (dal pre free in poi, perché nel free di swing non ce n'era affatto). Miles (che ripudiava quel termine, al pari di Duke e di molti altri), ad esempio, seguendo questa interpretazione, avrebbe cessato di suonare "jazz" intorno agli anni '70 (ed infatti Marsalis gli "rimprovera" questo).

Se il concetto è esteso alla black american music (#BAM) (à la Payton), estendendo il concetto a tutta la musica black (funky, soul , R&B e Hip pop compresi), l'evoluzione è attuale e contemporanea.

Se si intende per "jazz" musica improvvisata con un determinato linguaggio, anche in questo caso vi sono esempi limpidi di avanguardie "jazzistiche" (Steve Lehman, Dave Douglas, tra i tanti).

Quindi, di cosa stiamo parlando? :D

Beh, penso che siamo tutti concordi sul fatto che né il funk, né l'hip hop possano essere considerati "jazz". E' proprio questo il punto, la BAM ad un certo punto ha spostato il suo pendolo oltre i confini (anche considerando l'indeterminatezza di questi confini) di quello che è normalmente considerato jazz. Le principali innovazioni nella BAM (intese come quelle che hanno maggiormente influito sulla sua evoluzione) sono avvenute, a mio modesto parere, al di fuori di questi confini.
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Offline Cesco

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #35 on: April 09, 2015, 12:33:16 PM »
Beh, penso che siamo tutti concordi sul fatto che né il funk, né l'hip hop possano essere considerati "jazz".

Per alcuni nemmeno parte del movimento free degli anni '60 può essere considerato "jazz"...  ;)

Offline Cesco

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #36 on: April 09, 2015, 12:47:02 PM »
Quindi, ritonando al concetto di "evoluzione" del jazz, se si ricomprende in tale contesto (jazzistico) la svolta di Miles (dal '69/70 in poi, cioè dall'epoca in cui ha eliminato lo swing dalla pulsazione ritmica), perché non ricomprendervi anche le successive evoluzioni?

Personalmente ritengo che il "jazz" non sia morto proprio perché non è etichettabile solamente nel concetto restrittivo di "blues & swing".
Laddove vi sia improvvisazione (con i canoni dell'impro jazzistica), là intravedo il "jazz" (e può essere all'interno di musica etnica, elettronica, hip pop, ecc., con tutte le contaminazioni del modo).

Se invece "jazz" lo utilizziamo semplicemente come sinonimo di "swing", allora forse stiamo parlando di un qualcosa che c'é stato, ma che, ben inteso, può essere benissimo "copiato" o "riproposto", come si ripropone Bach o Mozart.

Offline Norman

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #37 on: April 09, 2015, 02:39:42 PM »
Ma infatti non è che non c'è niente dopo la svolta di Miles. C'è tutto il mondo della Fusion in tutte le sue sfaccettature... Ma siamo seri... Sono passati 46 anni dalla svolta di Miles, ed anche il mondo della Fusion ha fatto il suo tempo. Ma dove Miles aveva visto veramente lungo era nell'individuare nel Funk il nuovo asse di sviluppo della musica nera.

Quanto alle etichette, capisco quello che dici, ma questo fatto di vedere jazz ovunque ci sia improvvisazione è un equivoco, un'inversione di concetti. In primo luogo l'improvvisazione non definisce il jazz, ma è un tratto comune alla stragrande maggioranza delle musiche popolari nel mondo. Inoltre è un tratto comune ed importante di tutta la musica di origine africana. Basta un ascolto superficiale per capire la differenza tra un Cantaloupe Island (parlo di versioni originali...), che è senz'altro jazz (anche se non propriamente swing) è un Pick Up The Pieces, che nonostante sia un pezzo con struttura tema-improvvisazione-tema è senza ombra alcuna puro e semplice funk. E' chiaro che il jazz ha influenzato molta parte della musica successiva (basti pensare a come le grandi cantanti jazz abbiano influenzato lo stile del canto nella musica leggera), ma queste influenze non bastano a definire jazz tutto quello che di queste influenze risente. La caratteristica distintiva del jazz è il suo modo di concepire il ritmo, è lo swing, che è molto più degli ottavi "sfasati", è quella cosa che nessuno è in grado di definire, ma che senti subito se c'è o non c'è. Nel funk, nel soul, nell'r'n'b e nel rap tendenzialmente non c'è, c'è un'altra cosa che si chiama "groove", è un altro stile, un altro "mood". Stile che, beninteso, è il frutto di tutta la tradizione afroamericana precedente, jazz compreso, ma che è qualcosa di nuovo. Nel funk magari capita che un sassofonista suoni una frase be-bop, è normale, ma l'impalcatura di un'improvvisazione funk è la pentatonica, e niente più. Melodicamente il funk è più figlio del blues che del jazz. Ritmicamente è figlio più del r'n'b e del Gospel. L'hip hop è figlio del funk. Miles capì prima di tutti che la strada che avrebbe preso la musica nera era quella, e ci si buttò a capofitto. La sua non fu semplicemente una svolta, fu una rottura.

Poi vabbè, se preferiamo usare il tuo punto di vista, allora tutto è jazz, e niente è jazz. A quel punto si fa prima a rispolverare la famosa frase di Duke Ellington, per cui esistono solo due tipi di musica: quella bella e quella brutta... ;-)
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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #38 on: April 09, 2015, 02:46:37 PM »
 ;)

Offline DarioT

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #39 on: April 09, 2015, 03:22:22 PM »
....oppure, (citazione da "il pianista sull'oceano): "se non si sa cosa e', e' jazz"  :)
it's time to play some "D"

Offline fcoltrane

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #40 on: April 09, 2015, 04:32:19 PM »
quoto parola per parola quello che scrive Cesco e che non avrei saputo esprimere meglio.

ho letto con interesse questa discussione e sono numerosi gli spunti interessanti.
posso solo aggiungere che alcuni utilizzano la second line di New Orleans per spiegare le origini del funk.
dal basso della mia ignoranza e presunzione preferisco un concetto di jazz onnicomprensivo .
in caso contrario si arriva al paradosso che Trane  e Davis suonavano jazz solo nel primo periodo.

ps: a volte anche i grandissimi Davis Marsalis le sparano grosse.
 sbellicars

Offline Cesco

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #41 on: April 09, 2015, 04:47:34 PM »
Dopo lo scambio di opinioni con Norman, ho aperto l'ultimo numero di Musica Jazz e, fatalità, ho letto quanto segue:

D: "Swing, groove, soul, blues: che significato hanno per te?"
R: "Fanno parte dello stesso universo e in realtà sono la stessa cosa. Sono caratteristiche diverse di una sola estetica. Il blues e il soul hanno più a che fare con il colore della melodia mentre lo swing e il groove hanno più legame con il ritmo. Ma se ci rifletti, non c'é nessuno che sia capace di suonare il blues e incapace di swingare, né viceversa. Penso che queste quattro cose siano fuse tra di loro e si integrino alla perfezione".
(intervista a Nicholas Payton)

"Io non faccio differenze tra rock e jazz, anche perché per fotuna la mentalità di noi europei non è conservatrice. Per noi è più facile pensare al jazz come una miscela di diversi stili - anche hip hop, trance - con armonie di jazz: in tal senso rimane un genere in continua evoluzione, mentre negli stati uniti il jazz è spesso identificato con il be bop o con lo hard bop".
(intervista a Manu Katché)

Meno male che c'é qualcun altro che la pensa come me (oltre a ftrane, che saluto!) ;)

P.S.: la cosa spassosa è che, nello stesso numero di MJ, è recensito pure l'ultimo libro di Vincenzo Caporaletti dal titolo "Swing e groove: sui fondamenti estetici delle musiche audiotattili"...  ::)

Offline eugeniovi

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« Reply #42 on: April 09, 2015, 05:35:46 PM »

Comunque tema affrontato più volte e direi di lasciar stare  O0

E adesso fai pubblica ammenda! E' persino ritornato Cesco!  felicissim  Battutacce a parte bellissimo 3d, gente competente , scritto in modo chiaro  e che soprattutto restituisce identità e futuro al Jazz (chiamiamolo cosi') . Bravi!

Offline Norman

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #43 on: April 09, 2015, 06:38:16 PM »
Dopo lo scambio di opinioni con Norman, ho aperto l'ultimo numero di Musica Jazz e, fatalità, ho letto quanto segue:

D: "Swing, groove, soul, blues: che significato hanno per te?"
R: "Fanno parte dello stesso universo e in realtà sono la stessa cosa. Sono caratteristiche diverse di una sola estetica. Il blues e il soul hanno più a che fare con il colore della melodia mentre lo swing e il groove hanno più legame con il ritmo. Ma se ci rifletti, non c'é nessuno che sia capace di suonare il blues e incapace di swingare, né viceversa. Penso che queste quattro cose siano fuse tra di loro e si integrino alla perfezione".
(intervista a Nicholas Payton)

"Io non faccio differenze tra rock e jazz, anche perché per fotuna la mentalità di noi europei non è conservatrice. Per noi è più facile pensare al jazz come una miscela di diversi stili - anche hip hop, trance - con armonie di jazz: in tal senso rimane un genere in continua evoluzione, mentre negli stati uniti il jazz è spesso identificato con il be bop o con lo hard bop".
(intervista a Manu Katché)

Meno male che c'é qualcun altro che la pensa come me (oltre a ftrane, che saluto!) ;)

P.S.: la cosa spassosa è che, nello stesso numero di MJ, è recensito pure l'ultimo libro di Vincenzo Caporaletti dal titolo "Swing e groove: sui fondamenti estetici delle musiche audiotattili"...  ::)

Quello che dice Payton è chiarissimo, ed è logico, nessuno nega che tutte quelle modalità di espressione siano figlie di una sola matrice estetica, che è quella afroamericana, men che meno io che sono un appassionato di praticamente tutto quello che quella matrice ha prodotto (tranne forse il rap, che ascolto più per interesse razionale che per gusto). Ma definire tutto jazz è una forzatura, e se ci fai caso neanche Payton lo fa... Da un lato dice che sono "la stessa cosa", ma poi comunque rimangono "quattro cose". Stai tranquillo che se dici a Payton di suonare prima funk, e poi swing lui suona due cose diverse, e due cose ben precise!

Invece il discorso di Manu Katché non lo condivido per niente. Nulla vieta di mischiare gli stili (anzi, è una cosa meravigliosa), ma sono appunto stili molto diversi, così come il jazz-samba in voga negli anni '60 non ha fatto diventare jazz tutta la musica brasiliana... Se definiamo qualcosa con categorie talmente vaghe che comprendono tutto, cosa definiamo? Invece il jazz è un genere musicale che ha una storia ben precisa, legata ad un contesto ben preciso ed ad un'estetica certamente appartenente al ceppo afroamericano, ma comunque con caratteristiche autonome. Anche in questo caso se chiedi a qualunque musicista di suonare swing e poi rock, stai tranquillo che non ti suona la stessa roba, neanche Manu Katché... E stavolta sono cose parecchio diverse.

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Re:Miles e Wynton (1986)
« Reply #44 on: April 09, 2015, 06:45:13 PM »
Altra prova: prendi 10 jazzisti, e chiedigli di suonare un brano jazz, dello stile che vogliono, e vediamo quanti ti suonano Cold Sweat di James Brown!  sbellicars
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