Author Topic: Considerazioni sparse sul jazzy  (Read 266 times)

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Offline Zosimo

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Considerazioni sparse sul jazzy
« on: September 11, 2021, 12:26:39 PM »
L'altro giorno sono andato a vedere un concerto per ricordare
la figura del caro Aldo Bassi( si prevedono diverse manifestazioni, master, premi ecc ecc per ricordare la sua figura)
e notavo che di solito le persone che mi porto dietro , quando si ascolta la musica di Aldo non si annoia , o comunque non dorme come al solito
dopo 10 minuti. questo accede spesso nei  ''classici concerti jazz'' che frequento, di dormire intendo ;D. Il motivo è presto detto, Aldo ha sempre cercato un suo linguaggio e un suo stile che riproponesse comunque nelle sue composizioni melodie
care a noi italiani e alla nostra cultura musicale. Siamo sempre il paese del bel canto e del melodramma.
L'altra sera ascoltavo una lezione del maestrissimo Guido Silvestro e lui dice una cosa , secondo me importante anche se ne abbiamo discusso spesso.
Parker non era un genio (prendete questa affermazione con le pinze) , al di là che da ragazzo studiava 18 ore al giorno, ma la sua grande arroganza
gli permise di fregarsene di imitare gli altri sassofonisti o musicisti jazz perchè il suo studio principale era Bach e Bartok e soprattutto dal primo prende
tutti quegli addensamenti cromatici che poi porteranno alla nascita del bop. Ora nel 2021 ( ma anche nel 71 e 61) che senso ha per un italiano improvvisare come un afroamericano nato negli anni
50 nei sobborghi di Kansas City? insomma sono curioso di sentire il vostro parere , soprattutto sviluppate se volete il discorso. ovvio il discorso può essere fatto un po' per
tutte le arti. Ha senso per un giovane scrittore nato nel 1990 a Monopoli scrivere come Bukowski...ecc eccc

https://www.youtube.com/watch?v=FToIJd2IhFk

https://www.youtube.com/watch?v=hDsTRYKEFy0
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Offline fcoltrane

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Re: Considerazioni sparse sul jazzy
« Reply #1 on: September 11, 2021, 12:58:48 PM »
premetto che io purtroppo non so suonare bebop.
dico purtroppo perché mi piacerebbe assai saper improvvisare con gusto su temi  come donna le e tutto il resto .
un paio di settimane fa ci siamo incontrati con degli amici per suonare insieme jazz , ancora però non abbiamo un progetto specifico , io dal canto mio propongo degli standards che sono le songs americane su tempi per me accessibili, il pianista ad un certo punto decide di staccare un tema be-bop ad alta velocità  + di 250 di metronomo il risultato alle mie orecchie non era per nulla gradevole  e ho smesso di suonare. (e dal punto di vista tecnico strumentale probabilmente io ero quello più preparato)
Questa piccola premessa per rispondere alla tua domanda : per me è solo una questione di tecnica e conoscenza del linguaggio.
Se ce l'hai puoi esprimerti se ti manca puoi avere tanto da esprimere ma non ci riuscirai mai perché suonerai i tuoi limiti .
Suonare dovrebbe essere comunicazione non esibizione.
Aldo Bassi ad esempio possedeva entrambi questi elementi una ottima conoscenza del linguaggio e di come "suonare e far suonare gli accordi" e un grande gusto musicale e melodico ed una conoscenza dello strumento di alto profilo ed un suono che lo rappresentava.
(se hai tutto questo sei uno splendido musicista  )
Personalmente poi preferisco i musicisti che comunicano attraverso un discorso melodico anche se a volte ce ne sono alcuni che comunicano con altri elementi e sono di altissimo valore.
Per essere più chiaro : Coltrane nel periodo prestige suona in maniera quasi tradizionale , negli ultimi lavori invece a volte si fa fatica a sentire una linea melodica....


Dico questo perché il discorso si può allargare a dismisura , non solo  il  be-bop da una parte ma anche la musica con un solo accordo , o la musica che è definita modale o quella priva di accordi determinati ecc ... ecc...

in fin dei conti il mio punto di vista è semplice come ascoltatore sono come una spugna e ascolto anche musica che non capisco per nulla (ricordo un concerto di sax solo bocchino e basi musicali) come esecutore o eterno studente musicista  suono quello che è nelle mie corde e che la mia tecnica mi consente.

Offline Zosimo

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Re: Considerazioni sparse sul jazzy
« Reply #2 on: September 11, 2021, 01:07:17 PM »
Bella risposta , caro Ciccio.
Spero anche negli altri interventi.
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Offline Mar

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Re: Considerazioni sparse sul jazzy
« Reply #3 on: September 12, 2021, 10:27:36 AM »
Ecco il mio:
- il modo migliore per apprendere, in natura, è l'imitazione.
- se qualcuno fa qualcosa che mi piace o che mi serve cerco di capire come lo fa. Se mi piace come improvvisa un afroamericano degli anni 50 nato nei sobborghi di Kansas City non ci vedo niente di male nel cercare di imitare quello che fa.

La questione vera è  che l'imitazione pura e semplice non porta progresso. Gli animali giovani imparano dagli anziani a vivere nel loro ambiente, quali frutti mangiare o come cacciare, ma se ci si ferma all'imitazione non c'è progresso, e infatti le scimmie vivono come tremila anni fa.

Imitare per imparare è solo il primo passo, poi bisognerebbe interiorizzare quanto appreso e farlo proprio, per poterlo elaborare secondo la propria sensibilità (che oltre ad essere una dote caratteristica della persona risente anche del tempo e dell'ambiente in cui si vive).

Poi un'ulteriore distinzione bisognerebbe farla sulle qualità, sulle aspettative e sulle ambizioni. Nel mio personalissimo caso, che suono per diletto e aspiro ad essere comprimario alla sagra della salsiccia, fermarmi alla pura imitazione di uno dei miei "eroi" può essere un obiettivo valido.
Un professionista o un aspirante artista deve necessariamente andare oltre, personalizzare ed elaborare quanto appreso in modo unico e singolare. Poi i risultati di questo processo diranno se dietro la volontà e dietro l'ambizione di essere un artista c'è veramente la stoffa necessaria o meno.

« Last Edit: September 12, 2021, 12:00:55 PM by Mar »

Offline Norman

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Re: Considerazioni sparse sul jazzy
« Reply #4 on: September 12, 2021, 01:17:49 PM »
Bel post Zosimo, belle risposte, argomento importante e complesso.

Io penso che la cosa più importante ma più difficile da imparare sia la capacità di fare veramente musica comunicando. Non credo che sia un problema di tecnica, di imitazione o meno, di improvvisazione, ma di sensibilità. Si può fare musica anche con pochi mezzi tecnici e senza “inventare” nulla. Si può emozionare suonando una semplice melodia, pur senza avere la minima intenzione di innovare o la pretesa (talvolta forse presunzione…) di essere a tutti i costi originale. Bisogna decidere a chi si vuole parlare, ed anche avere il coraggio di fare i conti con il contesto.

Chi ha il talento o la fortuna di suonare per un pubblico di appassionati può certamente azzardare di più, ma comunque non deve mai dimenticare che sta facendo musica, e non accademia. Chi ha meno talento deve esserne consapevole, non fare il passo più lungo della gamba. Ma tutti quanti non dovrebbero mai prescindere da chi sono le persone che ci fanno la cortesia di spendere tempo e talvolta denaro per venirci ad ascoltare, e che meritano non solo di vedere uno spettacolo con la necessaria qualità, ma anche di non essere mere vittime sacrificali della vanità di chi suona.

Il concerto è un’esperienza collettiva che deve coinvolgere tutti. Per questo ritengo che non sia una questione di tecnica o talento musicale in senso stretto, ma di sensibilità ed umanità.

La scelta del repertorio, dello stile, dell’atteggiamento sul palco, tutto deve servire a questo scopo.

La mia sensazione è che nel jazz italiano troppo spesso manchi questo genere di consapevolezza. Per fortuna delle eccezioni ci sono, ma un certo atteggiamento talebano è il più grande freno alla diffusione di questo genere.
Taylor X-Lite - AR Resonance MC 40/8 Monette B6S1 Prana 17/84 B4LS S1 Prana 21/81
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