Author Topic: Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?  (Read 12551 times)

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Offline Jim Barda

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #30 on: November 20, 2010, 11:04:19 AM »
Ecco, parole sante. Ma ribadisco: il jazz è un linguaggio 'estraneo' per la tradizione italiana, è dovere dei jazzisti prima di tutto aiutare il pubblico ad assimilarlo. Non è solo una questione di suonare bene...

Si a malincuore devo dire che per certe cose siamo ancora lontani. Cioè cè un sacco di gente che suona da Dio(magari anche sconosciuti) che dal vivo ti emozionano davvero, gente splendida che però si riconosce perchè lo vedi che prima di tutto hanno una gran voglia di comunicare, di emozionare ed emozionarsi. Però purtroppo è vero che molti intendono il jazz come fare delle evoluzioni strumentali(è una esagerazione è chiaro) potrei fare mille esempi. Sul fatto dell'estraneità del linguaggio jazzistico, non so se ho capito bene cosa intendi, ma non sono troppo daccordo Norman: cioè il linguaggio jazzistico in se stesso ci appartiene, forse è tutto il resto che non appartiene a molti che si accostano al jazz, cioè l'anima che muove questa musica da sempre, la voglia di dire e ascoltare, di crescere e di stare insieme. Forse è questo che manca. Cioè premeso che se vuoi crescere devi studiare teoria e strumento, ma poi certe cose le devi sentire.

Offline Norman

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #31 on: November 20, 2010, 03:30:55 PM »
Si a malincuore devo dire che per certe cose siamo ancora lontani. Cioè cè un sacco di gente che suona da Dio(magari anche sconosciuti) che dal vivo ti emozionano davvero, gente splendida che però si riconosce perchè lo vedi che prima di tutto hanno una gran voglia di comunicare, di emozionare ed emozionarsi. Però purtroppo è vero che molti intendono il jazz come fare delle evoluzioni strumentali(è una esagerazione è chiaro) potrei fare mille esempi. Sul fatto dell'estraneità del linguaggio jazzistico, non so se ho capito bene cosa intendi, ma non sono troppo daccordo Norman: cioè il linguaggio jazzistico in se stesso ci appartiene, forse è tutto il resto che non appartiene a molti che si accostano al jazz, cioè l'anima che muove questa musica da sempre, la voglia di dire e ascoltare, di crescere e di stare insieme. Forse è questo che manca. Cioè premeso che se vuoi crescere devi studiare teoria e strumento, ma poi certe cose le devi sentire.

Il jazz è 'estraneo' nel senso che è una musica che non appartiene alla nostra tradizione musicale, ha radici in una cultura radicalmente diversa dalla nostra ed è stata accolta da noi fondamentalmente solo da piccole elite di appassionati. E' una musica che di primo acchito è facile che risulti difficile, perché basata sul ritmo più che sulla melodia. Non credo che sia un caso che i jazzisti più popolari da noi siano Miles e Chet, due che avevano uno spiccato senso della melodia.

Il fatto che sia estraneo naturalmente non implica che sia incomprensibile... Ma richiede uno sforzo iniziale per mettersi in un'ottica diversa da quella che si avrebbe ascoltando, solo per fare un esempio, un'opera. Quello che dico io è semplicemente che da noi il jazz fatica ad uscire dalle piccole cerchie di appassionati per il semplice motivo che è ritenuto (e molti dei messaggi in questo thread lo dimostrano...) musica per 'iniziati'. Io non penso che sia vero. Purtroppo però sono gli stessi jazzisti italiani a proporre il jazz come se fosse roba da iniziati, come se fosse necessaria chissà quale preparazione per ascoltare un concerto di bebop o hardbop... L'esempio dell'annunciare i pezzi per me è lampante: immagina di andare per la prima volta ad un concerto jazz. Non ne sai assolutamente niente, ma sei curioso. Vedi un quintetto sciorinare brani uno dietro l'altro, senza dire una parola. Torni a casa che non hai idea di quali pezzi hai sentito, chi fossero gli autori, i grandi esecutori, i riferimenti di chi ha suonato. Banalmente, non hai la minima possibilità neanche di andare a comprarti qualche disco avendo qualche indicazione su quello che, magari, ti è piaciuto. Perché rendere la vita così difficile al pubblico? Costa così tanto spiegare alla gente che cosa stai per suonare? Chi ha creato la musica che suoni, chi l'ha resa famosa? Costa così tanto trasmettere anche agli altri la conoscenza della musica che ami? Invece no, spesso volentieri il pubblico che si avvicina al jazz si sente proprio in colpa perché non è preparato, perché non è stato 'iniziato'... Io penso che sia un mito il fatto che il jazz richiede una preparazione all'ascolto: richiede solo un minimo di presentazione, come qualsiasi musica che non sia popolare presso il pubblico a cui ti rivolgi.
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Offline Jim Barda

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #32 on: November 20, 2010, 06:46:57 PM »
Ci sono in mezzo molti atteggiamenti tipici italiani: da una parte molti appassionati e molti simil tali che fanno i superiori perchè capiscono l'arte(mi sto sbellicando solo a scriverlo) e si sentono "eletti". Tipico, avrò visto questo atteggiamento mille volte... Dall'altra chi vuole cose in cui la melodia sia immediata, che vuole prodotti facili facili, pure troppo, e non è curiosa per niente. Con buona pace della musica.
Un mio amico un giorno mi fa:  "io non ne capisco nulla di jazz." e io "e perchè io si?" ed era vero(ne capisco poco pure oggi) ma non è questo il punto, la musica fatta bene ti fa emozionare, ballare, ridere stare bene ecc. Lo dimostra l'effetto del concerto dell'altra sera. Non era jazz, era ottima musica e ci siamo divertiti. E poco importa se i pezzi suonati fossero standard, o fosse hard bop, o questo o quello. E poi Roy balla di continuo su quel palco da farti venire voglia di ballare. Ha pure cantato e non è stato niente male... ma si prendeva in giro pure lui si vedeva, un grande...  ^-^

Offline DarioT

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #33 on: November 22, 2010, 09:38:43 AM »
Scusa , sarà una tesi semplicistica ma se non hai la passione puoi al massimo ascoltare per curiosità ma poi passata questa ti rivolgi altrove. Complice di questa cosa sicuramente il messaggio musicale non proprio immediato. Non a caso il top degli ascolti e delle vendite è stato raggiunto ad esempio con Stan Getz e Jobim (scusate se mi ripeto ma è storia) e il periodo che ha visto protagonisti i vari Corea, Pastorious, Davis elettrico, Cobham...cioè l'adoperare un  linguaggio si fruibile alla massa ma anche carico di significato per l'epoca nella quale veniva proposto.  Ai concerti di Pat Metheny ho sempre visto tantissimi giovani, vuol dire che la popolarità del nome e il genere musicale attirano, giovani ne ho visti pochi al concerto di Jarret solo, complice anche il prezzo oramai improponibile. Le idee cambiano, le mode culturali pure, gli appassionati (pochi) no. Ciao

Non sono d'accordo nel mettere Pastorius nel gruppo... da questo punto di vista lo paragono a Coltrane: la capacita' di rendere "immediate" frasi complicatissime. 
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Offline eugeniovi

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #34 on: November 22, 2010, 10:01:32 AM »
Non sono d'accordo nel mettere Pastorius nel gruppo... da questo punto di vista lo paragono a Coltrane: la capacita' di rendere "immediate" frasi complicatissime.

Sulla grandezza del musicista nessun dubbio, non riesco a paragonarlo a Coltrane ma deve essere un mio limite. Intendevo solo dire che associando altre esperienze musicali ha contribuito ad allargare il campo di 'fruizione' del Jazz ( se si può oggi definire ancora così) Ciao

Offline paolotretteltrumpet

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #35 on: December 03, 2010, 09:55:55 PM »
questo è un grande gruppo che trasmette emozione con un time incredibile!!
 pollices
il batterista è un fenomeno!!
http://www.bibri.net/2009/08/31/kapela-hraje-tak-dobre-jak-hraje-bubenik/
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Offline peppemorelli

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #36 on: December 06, 2010, 12:38:48 PM »
pazzesco hahahahhahahah

Offline cariu

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #37 on: December 06, 2010, 03:14:26 PM »
Riprendo il post di miles74, il paragone può essere fatto anche con la musica classica, molto dipende anche dalla "conoscenza media" dell'argomento, nell'ambito classico già Copland a suo tempo aveva scritto in libro (come ascoltare la musica mi pare) per dare le basi dell'ascolto al grande pubblico

L'esempio dell'annunciare i pezzi per me è lampante: immagina di andare per la prima volta ad un concerto jazz. Non ne sai assolutamente niente, ma sei curioso. Vedi un quintetto sciorinare brani uno dietro l'altro, senza dire una parola. Torni a casa che non hai idea di quali pezzi hai sentito, chi fossero gli autori, i grandi esecutori, i riferimenti di chi ha suonato. Banalmente, non hai la minima possibilità neanche di andare a comprarti qualche disco avendo qualche indicazione su quello che, magari, ti è piaciuto. Perché rendere la vita così difficile al pubblico? Costa così tanto spiegare alla gente che cosa stai per suonare? Chi ha creato la musica che suoni, chi l'ha resa famosa? Costa così tanto trasmettere anche agli altri la conoscenza della musica che ami? Invece no, spesso volentieri il pubblico che si avvicina al jazz si sente proprio in colpa perché non è preparato, perché non è stato 'iniziato'... Io penso che sia un mito il fatto che il jazz richiede una preparazione all'ascolto: richiede solo un minimo di presentazione, come qualsiasi musica che non sia popolare presso il pubblico a cui ti rivolgi.

io ascolto pochissimo jazz ma poco tempo fa sono andato a sentire Tomelleri con la sua big band ed è stata una bella serata, Tomelleri prima di ogni brano faceva una breve introduzione farcita di battute e parole in dialetto e effettivamente così facendo fila tutto più liscio (logicamente anche il fatto di avere una big band e fare brani orecchiabili aveva contribuito non poco), come suona il clarinetto poi mi piace un sacco!

Fabio "Cariù"

Offline DarioT

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #38 on: December 06, 2010, 03:26:09 PM »
...come suona il clarinetto poi mi piace un sacco!

caro il mio Cariu', come ben sai ho uno strumento d'eccellenza da vendere...  ::)
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Offline cariu

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #39 on: December 06, 2010, 05:04:25 PM »
se sapessi suonarlo come lui farei cambio al volo!
Fabio "Cariù"

Offline chet

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #40 on: December 07, 2010, 02:17:13 AM »
salve come al solito, e' un mio limite,lo riconosco, capisco molto poco di quello che scrivete. secondo me la questione e' molto ma molto + semplice.prima di tutto di che si parla?  dixieland, tradizionale, bebop,smooth jazz, cool jazz? cmq tutto dipende dall'aria che si respira e in italia questo tipo di aria non si respira.consiglio non richiesto: un giro nel village ,chissa' vi capita di incontrare fabio morgera, secondo me il + grande cervello italiano jazz in fuga, vivente,  jamming and jamming, fanno suonare tutti e vi capitera' che dai vostri strumenti usciranno note che non vi eravate mai sognati. dopo di cio' il resto mancia e questa discussione? parole al vento..   e...tornando al tema  tutto cio' in locali cosidetti jazz club stracolmi di gente e chi ascolta si fonde con chi suona in quanto respira la stessa aria. scusate se ho espresso il mio pensiero..ciao
« Last Edit: December 07, 2010, 02:26:00 AM by chet »

Offline Zosimo

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #41 on: December 07, 2010, 08:51:53 AM »
Un pò di punteggiatura è chiedere troppo? ogni volta sembra di leggere l'Ulisse infarcito di luoghi comuni  ;D
Tromba Bb:  Holton Revelation ('23)  Cinesina, Carol Brass 5000, Martin Committee ('48)
Cornetta: York Baronet ('55)
Flicorno: Couesnon Monopole Conservatorie ('60)
Bocchino: ideatore della penna Bar Rocco, Bris Bois e della tazza V6 Turbo

Offline eugeniovi

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #42 on: December 07, 2010, 09:22:22 AM »
salve come al solito, e' un mio limite,lo riconosco, capisco molto poco di quello che scrivete. secondo me la questione e' molto ma molto + semplice.prima di tutto di che si parla?  dixieland, tradizionale, bebop,smooth jazz, cool jazz? cmq tutto dipende dall'aria che si respira e in italia questo tipo di aria non si respira.consiglio non richiesto: un giro nel village ,chissa' vi capita di incontrare fabio morgera, secondo me il + grande cervello italiano jazz in fuga, vivente,  jamming and jamming, fanno suonare tutti e vi capitera' che dai vostri strumenti usciranno note che non vi eravate mai sognati. dopo di cio' il resto mancia e questa discussione? parole al vento..   e...tornando al tema  tutto cio' in locali cosidetti jazz club stracolmi di gente e chi ascolta si fonde con chi suona in quanto respira la stessa aria. scusate se ho espresso il mio pensiero..ciao

Verissimo, allargare gli orizzonti non fa sicuramente mai male, sia perchè ti confronti con altre idee sia perchè il confronto è uno stimolo a migliorare. In passato questo succedeva spesso, i musicisti 'nostrani vedevano specialmente nell'America la 'casa madre' del Jazz, nei musicisti d'oltre oceano i miti da avere come modello sia musicale che di pura tecnica. Ma con il passare del tempo e con ll trasformarsi dei linguaggi mi sembra che i 'nostrani' abbiano trovato una loro identità più marcata, un loro modo di esprimersi al di la della pura imitazione. Concordo che al di fuori dei confini mi sembra ci sia più vitalità. specialmente negli spettacoli dal vivo, cosa che da noi ormai, a parte qualche volonteroso si va facendo sempre più rara, ma il discorso sarebbe più lungo.  Per quanto riguarda di cosa si parla mi sembra che a ogni post si faccia riferimento al genere. Ciao
« Last Edit: December 07, 2010, 10:57:26 AM by eugeniovi »

Offline Locutus2k

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #43 on: December 07, 2010, 10:32:30 AM »
In Italia abbiamo una grande tradizione melodica e, per quanto si possa sbeffeggiare il genere, un concerto ad es. di musica napoletana in piazza riempirà tutti i posti disponibili. Lo stesso concerto, magari in un paesino USA, non lo vedrebbe (quasi) nessuno.
Purtroppo la musica a livello popolare affonda le radici nella tradizione e finchè ascolteremo passivamente sin dalla nascita certe melodie, certe cadenze, istintivamente le sentiremo "nostre" rifiutando a priori qualcosa di diametralmente opposto, come potrebbe essere certo tipo di Jazz.
Parlo, ovviamente, dell'ascoltatore occcasionale, quello che riempie i posti a sedere. Per i musicisti amatoriali o professionisti il discorso, ovviamente, non vale.
Bb: Edwards X-13 + Bach NY LE
Flugel: Van Laar Ack
Mouthpieces: Curry #5 Z/DE/C/TC

Offline chet

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Re:Jazz e grande pubblico: un rapporto impossibile?
« Reply #44 on: December 07, 2010, 02:00:46 PM »
zosimo e finiscila. sarebbe troppo chiedere una tua sui contenuti e non sulla forma? a volte i luoghi comuni hanno un fondo di verita'. cmq se parliamo di jazz dobbiamo parlare di NY(village) e New orleans. i nostrani che contano sono andati a respirare quell'aria (luogo comune). sono daccordo con locutus solo che io non faccio distinzione fra ascoltatore e musicista. quando,( purtroppo andiamo sempre a finire li alla televisione,) c'erano i programmi di arbore e telesforo, l'aria era diversa, i locali si riempivono e io dal jazz ci campavo, poi deserto ,amici e x factor. ma voi vi rendete conto di chi giudica quei poveri ragazzi ? alcuni di loro onestamente studiano sul serio.e sono dotati. poi non parliamo di sanremo. e stiamo qui a discutere perche' il jazz non attrae il grande pubblico? poi eugeniovi ogni tanto sarebbe utile distinguere anche i vari tipi di jazz, cosi' chissa qualche professorone qui ,chissa' va su una tastiera e incomincia a riflette su una 5+ o su un turnaround, una cadenza o una prograssione, come si evolvono e i boppisti che hanno combinato sulle armonie e le tensioni armoniche,scusate ancora l'intrusione. c'e' qualcuno che mi vuol far sentire tale.un intruso